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Gli adolescenti rappresentano una tipologia di utenza particolare, non più bambini e non ancora adulti, percepiscono essi per primi di collocarsi in questo limbo, alla ricerca di confini che tentano costantemente di oltrepassare. Ogni ragazzo porta con sé un bagaglio di vissuti, esperienze, aspettative e bisogni unici. Il porsi come figura educativa di riferimento diventa un compito complesso ma avvincente che si gioca tutto sull’instaurarsi di una relazione educativa  all’interno della quale poter condividere ansie, dubbi, difficoltà, ma anche interessi, soddisfazioni e progetti per il futuro.

La consapevolezza di non essere ancora degli adulti, fa spesso emergere il bisogno di trovare uno spazio di condivisione con adulti verso cui si pone fiducia, che sia solo proprio e non condivisibile con altri coetanei.

Lavorare con gli adolescenti sulla base di un approccio clinico significa proprio questo: concedere ai ragazzi uno spazio in cui essi sono percepiti dal pedagogista e si percepiscono essi stessi come esseri unici, con una propria individualità da osservare, studiare e su cui cucire un progetto pedagogico personale e differente da quello rivolto a chiunque altro. L’aspetto ecologico, tipico di un approccio clinico, permette al ragazzo, nella relazione educativa con il pedagogista di osservare e di essere protagonista, in una prospettiva diacronica, ossia attenta ai mutamenti e all’andamento evolutivo, in ogni ambito della sua vita.

Allo stesso tempo, il fatto di non percepirsi più come bambini porta gli adolescenti a cercare il confronto con i coetanei e spesso a considerare più attendibili le soluzioni poste da questi ultimi piuttosto di quelle rivolte dai genitori o da qualunque altro soggetto adulto di riferimento.

Questo stato confuso di percezione di sé da parte dei ragazzi, deve portare chi opera con questa tipologia di utenza ad attuare interventi pedagogici che vadano a soddisfare entrambe le sfere di bisogni in maniera integrata. Per tale ragione, anche i bisogni di indipendenza e confronto con il gruppo dei pari devono essere soddisfatti, attraverso una strategia che lasci ampia libertà ai ragazzi di condividere esperienze, opinioni e interessi, sotto la supervisione di un adulto che sia professionista consapevole degli aspetti evolutivi di questa fascia di età.

In questa prospettiva, la peer education (educazione tra pari) rappresenta la metodologia adeguata che, integrata ad un approccio pedagogico clinico, permette di offrire ai ragazzi uno spazio educativo che consenta loro di affrontare i propri bisogni in senso ecologico a 360°.

L’educazione tra pari, riconoscendo i ragazzi quali attori primari del proprio benessere, rifiuta l’approccio adultista al sistema degli adolescenti e afferma, al contrario, la necessità per chi lavora con questa tipologia di utenza, di confrontarsi in maniera diretta con la realtà dei giovani, con i loro linguaggi, le loro culture, riconoscendo il valore e le immense potenzialità presenti all’interno di questo mondo, ponendosi come finalità effettiva l’autopromozione del benessere.

La peer education offre grandi opportunità di crescita sia ai peer educator (ragazzi che, attraverso un percorso mirato insieme al pedagogista, apprendono strategie e modalità per porsi come modelli rispetto ai propri coetanei ), che agli altri ragazzi con cui essi interagiranno. Essa si sviluppa su due fronti. Il primo riguarda l’individuazione dei ragazzi con capacità di leadership positiva. Il secondo sarà un vero e proprio percorso di affiancamento tra i leader individuati e il resto del gruppo. Il tutto in un contesto protetto e strutturato, in cui il monitoraggio della figura adulta e professionista, esperta di tali tematiche possa gestire garantendo supporto in entrambe le direzioni.

La formazione dei peer educator incoraggia lo sviluppo di diverse capacità tra cui comunicazione, creatività, empatia, responsabilità etica. Tutte abilità fondamentali sia per il proprio percorso formativo, sia perché generano ottime capacità di lavoro di gruppo per un futuro professionale.

La costante supervisione dei pedagogisti che si fanno carico di monitorare il percorso di gruppo e di accompagnare attraverso colloqui individuali ogni ragazzo, aiuta a rielaborare gli apprendimenti e permette di intervenire laddove eventuali incomprensioni comunicative rischino di produrre apprendimenti disfunzionali.

Dott.ssa Valentina Giurbino

 

 

 

Bibliografia

Atti del convegno “Supereroi Fragili”, Erickson, Rimini 24-25 ottobre 2015

Barone P., Mantegazza R., La terra di mezzo. Gli elaborati pedagogici dell’adolescenza, Edizioni Unicopli, 2002

Crispiani P., Pedagogia Clinica. La pedagogia sul campo tra scienza e professione,Edizioni Junior, 2001

Fabbrini A., Melucci A., L’età dell’oro. Adolescenti tra sogno ed esperienza, Feltrinelli, 2007

Pellai A., Rinaldin V., Tamborini B., Educazione tra pari. Manuale teorico-pratico di empoweredpeereducation, Edizioni Erickson 2012